Fabrizio Sola

 

Fabrizio Sola, in arte Fabrizio

Un personaggio estroso ed estroverso che si rifugia nella pittura per ritrovarsi con momenti introspettivi ed estremamente intimi.

Momenti di riflessione per guardare lontano con gli occhi di chi vede attraverso le cose e li congela nella memoria.

Coglie attimi, momenti di un paesaggio, sensazioni che genera con i colori e i movimenti delle cose. Cerca di trasmettere con immagini molto di più di quello che si percepisce semplicemente nel quadro. Cerca di fissare sulla superficie i movimenti, i suoi e i profumi.

Fabrizio cerca di risvegliare in tutti noi che lo guardiamo attraverso le sue opere i momenti che riconosciamo perfettamente, perché giacciono nella nostra memoria, ma che abbiamo dimenticato perché vissuti in gioventù o in periodi di grande spensieratezza, dove guardavamo senza osservare. Cerca di risvegliarci il senso dei momenti, l’evolversi delle stagioni o semplicemente l’attimo che non abbiamo colto.

Guardare fuori, per scoprirsi grande osservatore interiore.

Tutti vedono il lato esteriore delle cose, pochi ne vedono l’interno, molti si fermano alla superficie e non colgono cosa si nasconde sotto uno spesso strato di colore che modellato in maniera raffinata congela un attimo fuggente.

Trasformare un supporto in superficie non è cosa comune, trasformare il colore in emozione ancora più difficile.

Fabrizio è un personaggio indefinibile in prima battuta, perché in lui si nascondono molte figure, il grande lavoratore perché la famiglia ha le sue priorità, personaggio sportivo perché lo sport ha rappresentato una pietra miliare della sua vita, goliardico compagnone per il suo continuo voler essere in compagnia ed infine pittore della notte perché solo quando attorno c’è il silenzio riescono affiorare le cose che nascono dentro.

Il disegno è sempre stato l’elemento che fabrizio ha sviluppato fin da bambino, con le solite cose che fanno tutti, poi il disegno è diventato un elemento più radicato nella vita di fabrizio fino a fargli scegliere di fare l’Istituto D’arte a Bologna.

Una scelta che fanno in molti, ma che alla fine non tutti sono artisti o presunti tali. Poi il percorso prosegue in Accademia.

Qui la Formazione raggiunge un punto indefinito, artista, pittore, decoratore o qualcosa d’altro che esula dal mondo dell’arte.

Passa un periodo buio per quanto riguarda l’arte o semplicemente il disegno e la pittura.

Poi magicamente attorno al ’98 la luce si riaccende, ma i tempi sono cambiati, i voli di fantasia dettati dalla gioventù sono definitivamente svaniti. Ora si ricomincia a camminare ripercorrendo le tecniche apprese all’Istituto, olio, tempera chine e semplicemente matite.

Percorso scontato, cose semplici e per lo più superficiali, che non si traduce in uno schifo di lavoro, ma nulla di quello che succedo dopo. Due cose che non sono neppure parenti alla lontana.

Poi la molla scatta, le tecniche cambiano e ne esce un linguaggio diverso. Forse era un passaggio obbligato per generare una mutazione profonda. Ma continuiamo a parlare di molti anni fa, dove la penna Bic non aveva ancora sostituito gli inchiostri e gli smalti non ancora sovrastato gli acrilici.

Si intravedono atteggiamenti di un cambiamento profondo, insofferenza verso la banalità, voglia di non fare le solite pitture accademiche, e comincia ad affiorare l’introspezione e un linguaggio personale.

La tela rimane in cantina e si guarda a superfici a “Km 0” provenienti dal mondo del riuso. I cassonetti sono presi di mira per vedere a chi dare una seconda possibilità di vita. Sportelli di mobili, vecchie tavole di legno, lastre i plastica e ogni superficie pitturabile. Materiali che potremmo definire non proprio adatti per la pittura, ma che sicuramente hanno “un’anima”.

La storia attuale è un progresso della materia, l’abbandono totale del prima che sembra non appartenergli più. E arrivano gli smalti, gli spessori la pastosità e la densità del colore.

Una vera mutazione genetica!

Le opere passano dal banale 50×70 a un metroxquello che offre il cassonetto. Un concetto fuori dagli schemi, ma che funziona di brutto.

Per il resto della trasformazione lasciamo a voi che leggete e osservate, capire dove è finito Fabrizio Sola nel suo percorso. Perché ora non vogliamo anticipare nulla dei prossimi dieci passi che sta facendo.